L'isola di Filicudi
Filicudi è la penultima a sinistra delle sette isole dell'arcipelago delle eolie, che si trovano nel mar Tirreno a nord della Sicilia.
L'isola si estende per 9,5 km² dei quali solo una piccola parte è abitata, è di natura vulcanica, la sua parte sommitale è costituita dal monte "Fossa Felci" che è alto 774 metri sul livello del mare ed è, un vulcano spento.
Le meravigliose coste sono in alcuni punti a strapiombo sul mare mentre in altri caratterizzate da spiagge pianeggianti come a Capo Graziano. Imponenti scogli di natura eruttiva si ergono dal mare come faraglioni, il più famoso dei quali "La Canna" è meta immancabile di ogni giro dell'isola via mare.
Sono altresì presenti numerose grotte, la piu' famosa delle quali è la grotta del Bue Marino, dal fondale blu cristallino.
Un tempo l'isola era tutta coltivata a gran fatica dai suoi abitanti, mentre oggi nonostante i progressi della tecnica non è più conveniente coltivare alcunchè, essendo la maggiorparte dei proventi dei circa 270 isolani derivanti dal turismo. Tuttavia sono ancora coltivati i capperi, ed i fichi, l'olivo e la vite.
Le coste di Filicudi sono una meraviglia della natura, e valgono la pena di essere ammirate anche dal turista più frettoloso.
Innumerevoli sono i terrazzamenti costruiti dall'uomo per strappare all'isola ogni metro di terra per poterlo dedicare all'agricoltura. Essi si alternano a declivi di tipica vegetazione mediterranea, più verdi e floridi nella zona nord dell'isola per via della minore esposizione solare. La natura vulcanica dell'isola offre una moltitudine di strette vallate e maestose scogliere perpendicolari, nelle quale l'alternanza delle stratificazioni multicolori testimonia una vita geologica tumultuosa.
Numerose sono le insenature e le baie, ricche di anfratti dove l'acqua cristallina lambisce la nera roccia lavica che si tuffa nel mare e prosegue sott'acqua creando percorsi tortuosi e vallate sottomarine di rara bellezza, che si offrono anche al sub occasionale senza costringerlo ad immersioni profonde per ammirare lo spettacolo della natura e della vita sottomarina.
La natura vulcanica e l'erosione degli agenti atmosferici e marini ha creato monumenti geologici mozzafiato, come la grotta del Maccatore, la porta lavica nel mare denominata "perciato" a Siccagni,e la famosa grotta del Bue Marino (dove viveva non troppi decenni orsono una colonia di leoni marini). L'atrio della grotta dischiude una cavità molto vasta, il fondale è illuminato dalla luce solare che riflessa e rifratta crea cristallini giochi di viva luce azzurrina, che rendono il luogo meta obbligata per ogni giro dell'isola in barca.
Ad ovest dell'isola di Filicudi affiorano gli scogli di Montenassari, del Mitra, del Notaio e sopratutto quello della Canna, alto circa 74 metri, circondato esclusivamente dal mare, e habitat naturale di una lucertola endemica che vive solo li e li si è evoluta autonomamente.
Il lato Ovest dell'isola di Filicudi è tagliato verticalmente in due dalla "Sciara", una ripida lingua di sabbia vulcanica e roccia che si tuffa nel mare, attraversata ormai da pochi ardimentosi o da qualche capra selvatica.
La vegetazione tipica della macchia mediterranea (lentisco,felce aquilina, corbezzolo, ginestre, arborea, erica, ginestra, cappero , fico d'india e ) ha riconquistato il dominio del territorio, un tempo faticosamente messo a coltura e oggi abbandonato, raramente interrotta da qualche macchia di essenze arboree (leccio, roverella e, in alcune vallette più umide, salice, frassino e bagolaro). In prossimità delle case ancora abitate altre varietà (pino, bouganvillea, ibiscus), di recente introduzione, vegetano circondate dalle specie tipiche dei giardini di terraferma.
Archeologia
A Filicudi, dal punto di vista paleontologico, è notevole la penisola di Capo Graziano a sud est dell'isola, in quanto sede di vari e vasti abitati preistorici risalenti principalmente al Neolitico e poi all'età del bronzo. Un primo abitato molto vasto, ma del quale sono state scavate finora solo poche capanne ovali, si estende sul Piano del Porto sulla costa meridionale dell'istmo che congiunge la Montagnola al Capo Graziano in località Filo Braccio e nei pressi della diruta Casa Lopez (può essere attribuito ai secoli XVIII-XVII a.C.).
Un altro abitato più vasto, con datazione successiva al precedente, si trova sull'altura della Montagnola di Capo Graziano (E' indicato dai cartelli turistici come "Villaggio Preistorico", e si raggiunge facilmente a piedi dal porto).
Gli scavi condotti negli anni 60 e 70 hanno rinvenuto una ventina di abitazioni a pianta ovale sull'altipiano a 100m di altezza sul livello del mare.
Il villaggio probabilmente si estendeva anche sugli altipiani sovrastanti fino alla vetta della Montagnola.
Si ipotizza che questo primo nucleo abitativo sia stato spostato sul Monte di Capo Graziano poichè la posizione è più facilmente difendibile.
Nelle capanne della Montagnola sono state trovate, insieme a ceramiche di produzione indigena, anche numerosi frammenti di ceramiche micenee e cicladiche attestanti rapporti commerciali con l'Egeo fra il 1500 e 1300 a.C.
Si ipotizza che il villaggio sia stato distrutto violentemente nel XIII secolo a.C.
Sulle scoscese pendici del monte di Capo Graziano sono state rinvenute alcune sepolture.
Sulla vetta di "Montagnola" a Pecorini cioè sulla montagna che domina l'abitato omonimo, sulla costa Sud-ovest dell'isola, è stato ritrovato un masso con una iscrizione greca.
I segni di età classica si riducono a tracce di abitati, a ceramiche con vernice nera di epoca greca e di terra sigillata di età romana rinvenute nelle contrade Siccagni e Zucco Grande, a una grande cisterna e tracce di edifici romani identificati al Piano del Porto e, sulla Montagnola di Pecorini, a un masso con nome greco inciso. L’archeologia marina, in diverse campagne di ricerche più o meno sistematiche, ha recuperato, da almeno nove diversi relitti di navi naufragate presso l’insidioso capo Graziano, un’anforetta micenea del secolo XV a.C., gruppi di anfore diversamente databili dal secolo IV a.C. fino all’età tardoimperiale e cannoni di bronzo da una nave da guerra del secolo XVII-XVIII d.C. Il materiale proveniente dagli scavi e dai recuperi marini è esposto al Museo di Lipari.